Negli ultimi anni, la Spagna ha registrato una crescita economica più sostenuta rispetto all’Italia. I numeri parlano chiaro: tra il 2014 e il 2024, il PIL spagnolo è cresciuto mediamente più del nostro, l’occupazione è aumentata e gli investimenti pubblici sono tornati centrali. Ma come ha fatto? E l’Italia può davvero seguire lo stesso esempio?
La
ricetta spagnola per la crescita
La
Spagna ha adottato una serie di riforme e politiche pubbliche che hanno dato
risultati concreti. Ecco i punti principali:
Riforma del
lavoro (2021-2022):
Il
governo guidato da Pedro Sánchez e dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz ha
puntato sulla stabilità occupazionale. Ha limitato l’uso eccessivo dei
contratti a termine e incentivato contratti a tempo indeterminato, soprattutto
per i giovani. Il risultato? Un netto calo della precarietà.
Aumento del
salario minimo:
In pochi anni, il salario minimo è cresciuto del 47%, arrivando a 1.134 euro lordi al mese nel 2024. Questo ha aumentato i consumi interni e ridotto le disuguaglianze, senza causare l’aumento della disoccupazione temuto da molti.
Investimenti
del PNRR (Piano di Ripresa e Resilienza):
La Spagna ha speso più rapidamente e con maggiore efficienza i fondi europei rispetto all’Italia. Ha investito in infrastrutture verdi, digitalizzazione e formazione professionale.
Politiche industriali attive:
Il governo ha puntato su settori strategici come le energie rinnovabili, l'automotive elettrico e l’idrogeno, creando nuovi posti di lavoro e attrazione di capitali esteri.
Dialogo sociale
con sindacati e imprese:
Molte riforme sono state negoziate con le parti sociali, evitando conflitti e favorendo un clima di collaborazione.
Italia: cosa non ha
funzionato nel governo Meloni rispetto alla crescita spagnola
A
confronto con la Spagna, l’Italia si trova oggi in una posizione più debole sul
fronte della crescita economica, dell’occupazione stabile e dell’efficienza
nella spesa pubblica. L’attuale governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha
preso alcune scelte politiche che si sono rivelate inefficaci o
controproducenti nel sostenere uno sviluppo duraturo. Di seguito i principali
punti critici.
1. Riforma del lavoro:
occasione mancata
Mentre
la Spagna ha riformato il mercato del lavoro in chiave espansiva e inclusiva
(riducendo la precarietà, aumentando i contratti stabili e coinvolgendo i
sindacati), in Italia il governo Meloni non ha varato alcuna riforma
strutturale significativa in questo ambito.
Al
contrario:
- Ha puntato su misure
temporanee come il "decreto lavoro" del 2023, che ha allargato
le maglie dei contratti a termine invece di limitarli, come fatto in
Spagna.
- Ha modificato il
Reddito di Cittadinanza, abolendolo per molte categorie e sostituendolo
con strumenti meno inclusivi (come l’Assegno di inclusione), senza
garantire un’alternativa occupazionale reale.
- Ha ignorato il tema del salario minimo legale, nonostante le pressioni dell’opposizione e i dati sull’aumento del lavoro povero.
La linea del governo è stata quella di lasciare al mercato la regolazione del lavoro, senza un’azione decisa per contrastare precarietà e sottoccupazione. Il risultato: stagnazione salariale e poca fiducia da parte dei giovani nel mercato del lavoro.
2. Spesa del PNRR: lentezza
e confusione
Il
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresentava un’occasione storica per
modernizzare il Paese. Tuttavia:
- L’Italia ha mostrato ritardi
consistenti nell’attuazione dei progetti, con frequenti rimpasti nella
governance e continui cambiamenti di priorità.
- Il governo ha centralizzato
le decisioni, ma senza rafforzare realmente la macchina amministrativa.
Questo ha aggravato i problemi di gestione a livello locale.
- Rispetto alla Spagna,
che ha usato parte dei fondi per rafforzare i servizi pubblici
(formazione, sanità, transizione ecologica), l’Italia ha disperso le
risorse in microinterventi poco coordinati.
Il risultato è che la spesa del PNRR in Italia è meno visibile, meno efficace e più contestata, anche dalla stessa Commissione europea.
3. Politiche industriali
deboli e frammentate
Il
governo Meloni ha più volte annunciato piani di rilancio per l’industria
italiana, ma ad oggi non esiste una vera strategia industriale di medio-lungo
periodo.
- I fondi per la
transizione verde e digitale sono stati ridotti o riassegnati.
- Interventi come quello
sul settore auto (incentivi per veicoli elettrici) sono arrivati in
ritardo e con impatto limitato.
- Il sostegno alle
imprese è stato più orientato a tagli fiscali generalizzati (es. taglio al
cuneo contributivo) piuttosto che a politiche mirate per l’innovazione, la
formazione e la competitività.
A differenza della Spagna, l’Italia non ha saputo guidare il cambiamento, ma si è limitata a compensare le difficoltà con misure tampone.
4. Assenza di dialogo
sociale
In
Spagna, molte riforme chiave sono state negoziate con i sindacati e le
associazioni datoriali, creando un consenso ampio e durevole. In Italia,
invece, il governo ha spesso scelto la via dello scontro o dell’esclusione.
- Le parti sociali sono
state consultate tardi o per dovere formale.
- Le critiche dei
sindacati su lavoro, salari e pensioni sono state minimizzate o ignorate.
- Questo ha contribuito a un clima conflittuale, che rende più difficile l’attuazione di qualsiasi riforma complessa.
Il
governo Meloni ha finora adottato una strategia economica basata su misure
conservative e poco incisive, spesso ispirate da logiche elettorali più che da
una visione di lungo periodo. Al contrario della Spagna, che ha usato la crisi
come occasione per riformare e innovare, l’Italia ha puntato sulla stabilità
apparente, rinviando i problemi strutturali.
Per colmare il divario con la Spagna, non servirebbe semplicemente "copiare", ma cambiare approccio: investire sulle persone, modernizzare le istituzioni e costruire un nuovo patto sociale. Ma questo richiede coraggio politico e capacità di visione. Due qualità che, al momento, sembrano mancare.
Un saluto
alla prossima
Nessun commento:
Posta un commento
se hai ritenuto utile questo articolo commenta a sentimento, ciao