Parigi, 14 luglio 1789. L’aria è elettrica, la tensione si taglia con il coltello. Non è solo una giornata estiva qualunque: è il giorno in cui il popolo si stanca, si alza, e decide che l’arroganza di re e nobili non governerà più da sola.
La Bastiglia, vecchia prigione medievale nel cuore della città, non rappresenta più solo mattoni e sbarre. È un simbolo. Il monumento alla prepotenza del potere, alla prigionia della libertà. Quando la folla la assale e la conquista, non lo fa per liberare sette poveri detenuti: lo fa per liberare sé stessa. Da quel momento, il mondo non può più tornare indietro.
Con un colpo solo, la Bastiglia cade, e con lei cade anche un’idea di mondo. La monarchia assoluta, l’intoccabilità dell’élite, il dogma che vedeva il popolo come massa informe da dominare. In quel rumore di colpi, urla e furore, si sente anche la nascita della modernità.
Chi guarda la Francia oggi, così compiaciuta nel raccontarsi come culla dei diritti e delle rivoluzioni, dovrebbe ricordare che è stata la rabbia dei poveri, dei dimenticati, a innescare tutto. Quella stessa Francia che oggi sembra quasi aver smarrito l’eredità della sua insurrezione, intenta più a preservare la forma che il fuoco che la animava.
Eppure, quella giornata del luglio 1789 ha lasciato un’impronta che nessun tempo potrà cancellare. Le parole “libertà”, “uguaglianza” e “fraternità” non sono nate nei salotti dorati, ma tra il sangue e la polvere di una fortezza abbattuta.
La presa della Bastiglia è la prova che la storia cambia quando il popolo decide di scriverla. Con rabbia, con forza, con una fame che non è solo di pane, ma di dignità.
Un saluto alla prossima
David Conti
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